Riprendo l’argomento giĂ affrontato nella circolare di qualche settimana fa in ordine al licenziamento per scarso rendimento. Una recente sentenza della Cassazione (la n. 26676 del 10.11.17) sancisce il principio per cui, qualora il datore intenda legittimamente licenziare un proprio dipendente per scarso rendimento deve dimostrare che:
1) vi sia un evidente scostamento rispetto ai risultati attesi ;
2) lo scarso rendimento sia riconducibile ad una evidente negligenza del lavoratore nello svolgimento delle mansioni assegnate; in pratica le insoddisfacenti performances registrate non devono essere imputabili, neanche in parte, allâorganizzazione del lavoro dellâimpresa o a fattori socio-ambientali.
La sentenza precisa che il licenziamento di cui trattasi deve comunque essere attuato nell’ambito di un procedimento disciplinare nello svolgimento del quale il datore deve necessariamente effettuare una valutazione complessiva delle prestazioni rese dal dipendente e, quindi, una comparazione con le prestazioni rese dai colleghi preposti alle stesse mansioni con riferimento al medesimo contesto professionale, nellâarco di un identico intervallo temporale.
Ne deriva che lo scarso rendimento può costituire giusta causa di licenziamento solo nel caso in cui la violazione del dovere di diligenza che incombe su ogni lavoratore dipendente sia direttamente collegata ad unâenorme sproporzione tra gli obiettivi assegnati aziendalmente in un dato periodo di riferimento e i risultati conseguiti dal dipendente licenziato. Il tutto, nellâambito di un complessivo confronto tra la media delle prestazioni realizzate dai dipendenti comparabili in un predefinito periodo di tempo e quelle molto piĂš insoddisfacenti riconducibili al lavoratore sottoposto ad azione disciplinare e, quindi, estromesso per scarso rendimento.