Con la circolare n. 5 del 2024 l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alle modalità applicative di alcune agevolazioni di natura fiscale previste per gli anni 2024 e 2025.
L’Agenzia delle Entrate è intervenuta al fine di fornire chiarimenti circa le modalità applicative di alcune agevolazioni di natura fiscale, previste per gli anni 2024 e 2025.
Il lavoro sostenibile consta anche in una tranquillità economica del lavoratore. Proprio in tale direzione influiscono le scelte del datore di lavoro nell’erogare forme di welfare al fine di aumentare indirettamente la retribuzione dei propri lavoratori.
Fringe benefit
La legge n. 213/2024 (legge di Bilancio/2024), all’articolo 1, comma 16, ha previsto, limitatamente al periodo d’imposta 2024, la possibilità di aumentare, rispetto a quanto definito dall’art. 51, comma 3, prima parte del terzo periodo, del TUIR, il valore di fringe benefit erogabile ai propri dipendenti, senza che ciò possa essere considerato reddito da lavoro dipendente (completa detassazione e decontribuzione del valore).
In particolare, il datore di lavoro può erogare, ai titolari di redditi di lavoro dipendente e di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (esempio: i collaboratori coordinati e continuativi – co.co.co.), un valore massimo di 1.000 euro in beni ceduti e servizi prestati, nonché rimborsare, ai medesimi lavoratori, il pagamento: – delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica, del gas naturale, – delle spese per l’affitto della prima casa, – degli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.
Il limite può essere innalzato a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, previa dichiarazione del datore di lavoro che attesti il possesso del requisito, con indicazione del codice fiscale dei figli.
Tra le novità, oltre l’aumento del valore esentato, è stata prevista anche la possibilità di rimborsare le “spese per l’affitto della prima casa” e “gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa”. Su queste due ultime liberalità, l’Agenzia ha così chiarito: – per “prima casa” si deve intendere l’abitazione principale prevista per l’applicazione delle detrazioni, di cui agli articoli 15, comma 1, lettera b) (interessi passivi per mutui), e 16 (canoni di locazione) del TUIR.
In particolare, deve riguardare esclusivamente immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, nei quali il dipendente e i suoi familiari dimorino abitualmente, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese.
In tal caso, sono rimborsabili, nel limite dei 1.000 o 2.000 euro, sia le spese sostenute per un contratto di affitto sia quelle relative agli interessi sul mutuo, a condizione che l’immobile locato o su cui grava il mutuo costituisca l’abitazione principale del lavoratore; – per quanto attiene alle “spese per l’affitto”, si deve fare riferimento al canone risultante dal contratto di locazione regolarmente registrato e pagato nell’anno. Va da sé che in relazione alle spese rimborsate dal datore di lavoro, il lavoratore non potrà beneficiare delle agevolazioni previste per le medesime spese, quali, ad esempio, la detrazione prevista per l’abitazione principale, degli interessi passivi per mutui o dei canoni di locazione, in quanto non sono state effettivamente sostenute a causa del rimborso da parte del datore di lavoro.
Sempre in merito a questi due fringe benefit, così come già chiarito per l’eventuale pagamento delle bollette energetiche, il datore di lavoro può decidere di acquisire la documentazione ovvero, in alternativa, può richiedere, al lavoratore, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti i presupposti per il rimborso della spesa.
In ogni caso, al fine di evitare che si fruisca più volte del beneficio in relazione alle medesime spese, è necessario che il lavoratore, all’interno della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attesti che la spesa non è già stata fatta oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, non solo presso il medesimo datore di lavoro, ma anche presso altri soggetti. Si ricorda che affinché dette liberalità possano essere considerate esenti da un punto di vista fiscale e contributivo, il datore di lavoro dovrà provvedere ad informare la rappresentanza sindacale unitaria (RSU), qualora presente.
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